venerdì 5 ottobre 2012

Cosa Significa Essere Pagani (Neo-Pagani)

I neo-pagani cercano di ristabilire il giusto equilibrio tra il maschile ed il femminile nella simbolizzazione del sacro. Cercano di recuperare un senso di meraviglia e rispetto verso la Natura in tutte le sue forme e verso il corpo e la psiche umana. Pertanto vogliono trovare una nuova completezza, forse proprio in reazione ad una cultura sempre più schizofrenica. Cercano questa totalità in una nuova religione cosmica, che affermi il valore di una più sviluppata coscienza del mondo, nutrita attraverso un'immaginazione fortemente stimolata dalla conoscenza degli archetipi, ricreati tramite ritualizzazione.

Il tema unificante nelle diverse tradizioni neo-pagane, è l'approccio ecologico verso la natura e verso se stessi. Per come i pagani la intendono, la tradizione giudeo-cristiana insegna che la volontà dell'intelletto umano è quella di avere il dominio sul mondo, e sulle parti basiche e non governabili della nostra psiche. E a sua volta, l'intelletto deve essere sottomesso all'Unico Dio e al suo volere. I neo-pagani al contrario, credono che si debba cooperare con la natura e le sue forze selvagge sulla base di un rispetto e di uno scambio reciproci. Per quanto riguarda la psiche, l'immaginazione dovrebbe essere la prima tra parti uguali, perché la vera gloria dell'essere umano non sta in quello che egli comanda, ma in quello che egli riesce a vedere e comprendere. Le meraviglie che scopre nella natura e in se stesso, devono essere lasciate intatte e possono essere toccate solo allo scopo di venire celebrate.

Cosa ricercano i neo-pagani in una nuova religione cosmica guidata non da un'evoluzione storica rigida e lineare, ma più semplicemente dalla Natura stessa – le quattro direzioni, le stagioni, il percorso del sole, il ciclo della luna – e dalle più antiche configurazioni della psiche? Non ricercano ne quella moralità imposta da un volere superiore sul corpo riluttante, ne la trance mistica frutto dell'ascetismo, ma piuttosto l'espansione dello spirito che deriva dal permettere alla Natura di abbattere i cancelli che confinano l'immaginazione civilizzata. Per loro, è questo lo spirito che si nasconde dietro i nomi “paganesimo” e politeismo”.


Al termine del XX secolo le religioni indigene di tutta Europa, animiste, politeistiche e legate a divinità di entrambi i sessi, sono riemerse e si stanno rapidamente reintegrando nel mondo moderno. Determinate a riaffermare il valore del sacro femminino, che viene incarnato dalla figura di una Grande Dea Madre spesso senza nome e risplendente della sacralità della Terra, al giorno d'oggi costantemente distrutta e avvelenata dal così detto progresso. Un Dio della Natura, un'immagine di un inalterato principio maschile è solitamente accettato come compagno della Dea all'interno di vari pantheon. La loro unione è vissuta come la realizzazione di un equilibrio raggiunto grazie all'equo intrecciarsi di due polarità opposte.

Tutte la Dee e gli Dei sono aspetti di una Dea e di un Dio. Gli aspetti più comuni nel neopaganesimo sono: la Triplice Dea Lunare (Vergine, Madre e Crona) e il Dio Cornuto della morte e della rinascita.
Inoltre, i neopagani, abbracciano la convinzione che tutto sia vivo (izoloismo), che tutto sia divino (panteismo), e che tutte le componenti naturali come gli alberi e le pietre, possiedano uno spirito (panpsichismo). Per i neopagani, l'intero universo vive e vibra di energia propria. Ed il compito del genere umano è di imparare a vivere in armonia in questo grande cruogiuolo di spiriti. Non è quindi questione di avere 'fede' nel Divino, ma piuttosto, di avere 'esperienza' del Divino. I neopagani non cercano di vivere la vita in termini di religione, ma piuttosto cercano di vivere la religione in termini di Vita (con la "V" maiuscola).

Deve realizzarsi una nuovo tipo di contatto tra la razza umana e la Terra; la Terra deve essere nuovamente osservata, ascoltata, toccata, odorata e assaggiata; dev'esserci un rinnovamento della saggezza che si ottiene solo tramite la profonda conoscenza del dolore e della gioia, del rischio e della responsabilità di essere vivi in questo mondo.

Alcune delle principali malattie che colpiscono il mondo moderno - in particolare lo spreco sconsiderato delle risorse e la distruzione di tesori naturali che non potranno mai più essere rimpiazzati - può essere ricollegato anche ad una causa religiosa, e questa causa è la diffusione del monoteismo. Per l'uomo pre-monoteista, la Natura non era soltanto una miniera da cui attingere per soddisfare i propri bisogni. La Natura era, per lui, una Dea; e la vegetazione che sbucava dalla terra, gli animali che popolavano, come l'uomo stesso, la sua superficie, e i minerali nascosti nei suoi meandri, facevano tutti parte dell'insieme divino. La sua percezione della sacralità della Natura poneva dei limiti allo sfruttamento selvaggio delle sue risorse: il grano ed il riso non erano soltanto 'cereali', erano Cerere stessa, la Dea che aveva permesso all'uomo di coltivare queste piante portatrici di nutrimento e gli aveva insegnato l'arte di farlo con rispetto e gratitudine. La triste verità è che il monoteismo, così come enunciato nel Libro della Genesi, ha rimosso l'antico freno inibitore che poneva un limite alla cupidigia degli uomini, grazie alla reverenza che essi ancora provavano verso Madre Natura.

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